IL CASO LATTANZI

“LA PITTURA DI LUCIANO LATTANZI
TRA SEMANTICA E SCHEMATISMO”

ORNAMENTO E OCCIDENTE

Collana di Estetica curata dal Prof. Mario Costa

“IL CASO LATTANZI”

Cuzzolin Editore


SINTESI DELLA TESI

Due sono principalmente gli obiettivi che con la presente tesi, dedicata all’opera dell’artista carrarino Luciano Lattanzi, si è cercato di conseguire: da un lato, nel suddividerne il percorso pittorico in tre momenti ben definiti e caratterizzati (pur nella sostanziale continuità evolutiva della sua poetica) da precise e distinte peculiarità, il lavoro assume un carattere chiaramente esplicativo e, in un certo senso, di “catalogazione” della sua copiosa produzione pittorica; d’altro canto, e come inevitabile corollario del primo punto, esso desidera rendere un meritato (e tardivo) riconoscimento ad un nostro eccezionale artista ed uomo di cultura, tanto scarsamente apprezzato fra le mura della sua città natale quanto invece giustamente valorizzato e stimato “fuori” (ed in tale luce va probabilmente inquadrata anche la sua scelta di vivere per moltissimi anni lontano da Carrara, muovendosi soprattutto fra Milano e Parigi).
La tesi si articola dunque in tre parti corrispondenti agli altrettanti periodi creativi vissuti da Lattanzi, per ognuno dei quali si è cercato di volta in volta di evidenziare le radici storiche e l’iter critico che ha consentito all’artista di approdare ad una sempre personalissima declinazione del Post-Informale europeo e statunitense. Ampio spazio è stato naturalmente poi accordato all’esame dei caratteri formali e contenutistici di una serie di opere ritenute particolarmente rappresentative.
La fase “semantica” segna l’esordio pittorico dell’artista (che fino a quel momento aveva svolto una feconda attività di umorista, saggista e poeta) e copre un arco cronologico che si estende dal 1956 al 1968 circa; la Pittura Semantica, nasce da una valutazione delle più recenti esperienze legate all’ambito dell’arte informale e, nel prendere atto del fondamentale esaurimento di tali poetiche, ne rappresenta un tentativo di superamento. In modo assolutamente originale, Lattanzi innesta infatti sulla riflessione di carattere più propriamente storico-artistico, la scoperta degli scritti della studiosa statunitense Rhoda Kellog, psicologa infantile e teorizzatrice (sulla base di una sperimentazione di amplissimo raggio) dell’esistenza di un numero limitato di – “gesti di base” – identificabili nei disegni dei bambini (indipendentemente dalla loro provenienza geografica o estrazione sociale e culturale) e degli adulti “primitivi”- che costituirebbero una sorta di DNA “grafico” della razza umana. La Pittura Semantica (la definizione fu inventata dallo stesso Lattanzi alle cui ricerche si affiancherà in seguito il tedesco Werner Schreib) si basa dunque sull’utilizzo di tali “basic scribbles” e possiede una vocazione prettamente metalinguistica: si tratta, in altri termini, di una pittura che non intende esprimere altro che il suo stesso farsi. All’analisi delle posizioni teoriche dell’artista carrarino, a testimonianza dell’interesse da esse suscitato fra gli studiosi e gli osservatori dei fenomeni artistici, segue una sintetica antologia critica. Conclude la prima sezione l’esame di cinque opere assai significative; in tale contesto, si è soprattutto cercato di evidenziare come il pensiero dell’artista, in apparenza astratto, trovi in realtà conferma e felice concretizzazione nel suo fare pittorico.
Alla fase “ornamentale” è dedicata la seconda sezione della tesi. Anche in questo caso, allo scopo di meglio chiarire la posizione di Lattanzi in relazione al contesto storico, culturale e artistico nel quale egli si trova ad operare, il capitolo si apre con un ampio excursus di carattere generale sulla storia (una storia che affonda le proprie radici fin nelle prime manifestazioni artistiche umane ed impone di estendere il panorama geografico di riferimento a realtà “lontane”, come quelle araba ed orientale in genere) della pittura d’ornamento. Nelle creazioni di questo periodo (1968-1985 circa) Lattanzi non abbandona l’utilizzo dei gesti di base, e tuttavia esse paiono perdere in parte quell’impressione di improvvisazione e casualità tipica dei precedenti dipinti. L’esuberanza espansiva dei basic scribbles risulta ora difatti come incanalata, arginata, controllata e l’artista sembra adesso obbedire ad un imperativo di equilibrio, ordine e simmetria; permane invece liberissimo l’uso del colore, con una scelta di cromie in genere smaglianti e vivacissime. Fra le opere ornamentali infine analizzate, figurano anche i “Semantische Berliner Skizzen”, dodici cartoni eseguiti ed esposti a Berlino nel 1968 e aventi come “soggetto” il Muro.
A partire dal 1985, Luciano Lattanzi ha deciso di aderire al movimento schematista nato nel 1959 in Francia per iniziativa di Robert Estivals. Quest’ultima tappa della riflessione estetica del pittore carrarino e la produzione artistica ad essa legata sono i temi affrontati nell’ultima sezione della tesi. Apre il capitolo un’introduzione in cui si è cercato di ricostruire l’origine e l’evoluzione del movimento schematista, ed i suoi addentellati con alcune delle correnti filosofiche dell’ ‘800 e del ‘900 (da Kant, a Bergson, a Sartre). Secondo le formulazioni di Estivals, la pittura schematista si basa su di una esteriorizzazione di quegli schemi mentali che sottendono qualsiasi attività del pensiero umano e che l’artista sarebbe in grado di “copiare” sulla superficie del quadro (ma, come del resto viene precisato nella tesi, molte sono le possibili obiezioni a tali presupposti teorici). Lattanzi accoglie con un entusiasmo (ma non di certo con un atteggiamento acritico) le teorie di Estivals, e di esse dà un’interpretazione pittorica affatto personale. Le opere della sua “terza età pittorica” (come lo stesso artista definisce questa fase della propria attività) sono in genere precedute da uno schizzo preparatorio corredato di una didascalia che consente di risalire al concetto da cui trae origine lo schema stesso. Da un punto di vista strettamente formale tuttavia, i quadri schematisti non si discostano molto da quelli del periodo precedente, pur possedendo una più chiara tensione dinamica, evidenziata nell’esame dei dipinti che chiude il capitolo.
In sintesi, risulta dunque lecito affermare che due sono le costanti che accompagnano l’arte di Lattanzi lungo tutto lo svolgimento del suo percorso. Da un lato, in qualità di presupposto “tecnico”, l’artista non ha mai rinunciato all’utilizzo dei segni di base; dall’altro, sembra evidente la vocazione precipuamente ornamentale (anche nelle fasi semantica e schematista) della sua pittura.
In appendice della tesi, figurano infine le note biografiche e le traduzioni dei due Manifesti della Pittura Semantica (del 1957 e 1961)